Francescaorfino-it18-10-2020

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Un momento di intima riflessione e alcuni suoi versi, pochi, ci fanno entrare, in punta di piedi, nel mondo di Francesca Orfino, spettatori affascinati da tanta verità e delicatezza.

"Amiamola ed accettiamola con tutte le sue molteplici spine e con le poche gioie che brillano nella luminosità del sole, nella fertilità di questa ospitale terra e nei mari che, bagnandoci, offrono dolcezze infinite".
Pochi versi in cui Francesca Orfino accetta la vita e la realtà quotidiana, con semplicità e purezza, senza complicazioni.
E così è anche la sua arte che, come spesso accade, esprime naturalmente e misteriosamente, l'animo dell'artista.
Semplice e pura, assolutamente spontanea.
La maturità, è nata a Gioia del Colle (Bari) nel 1955, non l'ha per nulla privata di genuinità e freschezza.
Come osserva Nunzia Bianco Sala, "le sue tele, di sicuro più sapientemente costruite e rifinite rispetto a quelle di ieri, non hanno perduto vitalità e immediatezza".
Spontaneità che ricorda la meraviglia dei bambini che la Orfino ama ritrarre e per i quali organizza corsi di pittura.

Lei che da bambina, anziché divertirsi coi giocattoli, disegnava e creava vestitini di carta. "Ricordo che avevo otto o nove anni quando ho decorato, con ogni tipo di frutta, le mattonelle bianche della cucina di mia madre".

Altro ricordo nitido è quello delle elementari: l'insegnante del doposcuola portava stampe del 700 che lei sapeva riprodurre a matita con naturalezza e precisione.

A 17 anni, la sua prima mostra. "Tanta sfiducia da parte mia, tanta fiducia da parte degli altri". Quello o il momento in cui Francesca Orfino capisce che l'arte non è più soltanto una sua passione, ma altresì qualcosa che può condividere con gli altri.
Lascia il lavoro, e quello che sembrava ormai il suo destino, presso uno studio odontotecnico per inseguire la pittura e ciò che solo essa sapeva offrirle: un profondo senso dì libertà.
"Cosa c'è di più bello del fare ciò che ti piace? l'arte mi fa divertire, rilassare, mi fu stare a contatto con le persone.
Non ho mai rincorso con accanimento il successo, perché mi fa paura. Mi terrorizza perdere la mia libertà ".
Il suo percorso artistico nasce e si sviluppa in tal
modo, per caso o per necessità.
Nell'80 qualcuno la presenta a Pietro Benevento, pittore e professore di Belle Arti, maestro di Percy e Mastroianni. Dopo alcune lezioni Benevento le fa dono di parole che resteranno per lei al di sopra di qualsiasi insegnamento.

Le infonde coraggio, le dà quella fiducia che le era sempre mancata. Non le manca, invece, la tecnica, frutto del suo talento e degli studi privati.

"Adoro l'olio, su tavola o su tela, amo la sua pastosità, la materia, il contatto coi colori, uso anche le dita".

I suoi oli   sono "quasi golosamente assaporati dalla carezza delle dita impregnate di colore che ne hanno scolpito i volumi".

Tema dominante nella sua arte è la natura.

Francesca Orfino dipinge ciò che vede, in modo istintuale, senza uno scopo preciso. Nessuno dei suoi
quadri è costruito o immaginato, tutto nasce da un
contatto diretto, da uno sguardo affascinato ed attento.

Alla veduta d'insieme, al paesaggio ampio e
dispersivo, la nostra artista preferisce il dettaglio. La foglia, il fiore che nasce da una pietra, la crepa
nel legno: sono i particolari che catturano
l'attenzione, colpiscono, emozionano.

Tuttavia non mancano paesaggi nel suo repertorio.
Profondissimi e senza fine, esprimono tutto il suo
senso di libertà.

Come nella definizione degli antichi, anche nelle
sue tele l'arte è imitazione della natura.

E da sempre la natura è oggetto di contemplazione
da parte dell'uomo, ai cui occhi si presenta con una
magnificenza perennemente nuova.

"Amo i colori autunnali, i rossi, l'atmosfera di determinate stagioni, amo le nature morte".

Fiori, frutta, oggetti inanimati col pennello di Francesca Orfino acquistano anima.

Come attraversati e intimamente pervasi da un soffio di vita che ricorda, oggi, ciò che disse il seicentesco scrittore Francesco Lana a proposito di Caravaggio: "nel dipingere li detti oggetti si prende una certa franchezza nell’operare, che molto giova ed inanimisce".

Talvolta incantevole, talaltro minacciosa e imponente, la natura ha un altro aspetto che sorprende: la sua varietà e concretezza da sempre un senso di familiarità.

E ancor più familiari sono queste opere che mai nascondono la meridionalità dell'artista, ed anzi, sfrontatamente la manifestano nella spaccatura dei fichi e negli altri frutti tipici della sua terra o nella forza pura dei girasoli, delle calle e delle mimose.

Tutti i soggetti vivono attraverso la luce di un sole del sud, a volte tenue e delicato, a volte gioioso e prorompente.

Questo è Francesca Orfino che, prima ancora di essere un'artista, è una donna.

E come tale ha affrontato numerosi ostacoli, dalla mancata possibilità di frequentare l'Accademia alla diffidenza di alcuni galleristi, alle consuete difficoltà del mercato d'arte contemporanea. D'altro canto l'essere donna ha impreziosito la sua arte, che continua a stupire per l'innegabile e smisurata sensibilità.

Quella capacità di osservare e scrutare per poi restituire, con nuova luce e maggiore sentimento.

E' madre, è compagna, generosa e sensibile nella vita come nell'arte.

Conosce il dolore, quello vero, che, giorno dopo giorno, farà della pittura il suo rifugio, il suo sfogo, e poi la sua rinascita.

"Mi sono aggrappata all'arte, è stata la mia luce". Oggi è una donna nuova, forte e serena. Lo dicono i suoi occhi, profondi come il mare. Lo confermano le sue tele, meravigliosamente spontanee e solari.




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